ZUCCHERO?BENE, MA NON BENISSIMO!

Zucchero! Quante volte negli ultimi tempi ne abbiamo sentito parlare? E tutti a chiedersi il perché: “Farà davvero così male come dicono?”, “Ne usiamo davvero troppo?”.

È stato definito “il dolce veleno”, “il nemico invisibile” e anche “il killer silenzioso”. Proviamo a capire.

Forse il miglior modo per iniziare a parlare di un argomento tanto attuale quanto spinoso sia quello di prendere in prestito una frase di Paracelso: “Tutto è veleno: nulla esiste di non velenoso. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto” (Opera Omnia).

Proviamo a capire perché questa citazione si sposa tanto bene con l’argomento in discussione andando a spiegare alcuni aspetti “tecnici” che ci consentiranno di avere una visione più completa della situazione.


   

Cosa sono gli zuccheri e a cosa servono.

Gli zuccheri (o glucidi) fanno parte della famiglia dei carboidrati e sono dei macronutrienti, come proteine e grassi; costituiscono una delle principali fonti di energia per in nostro corpo.

In base alla complessità della loro struttura possiamo dividerli in:

  • Zuccheri semplici: hanno una struttura basilare, motivo per cui il nostro corpo riesce a scomporli velocemente per ottenere energia. Esistono molti tipi diversi di zuccheri, ma tutti hanno la caratteristica comune di avere un sapore dolce.
  • Zuccheri complessi: hanno una struttura più elaborata e richiedono più tempo essere scomposti rilasciando energia più lentamente.

Dove li troviamo?

Gli zuccheri complessi li troviamo soprattutto nei cereali e nei loro derivati (pane, pasta, cracker..), nei tuberi e nei legumi.

in questi alimenti sono presenti anche molte fibre, che aiutano a regolare la velocità con cui gli zuccheri vengono assorbiti.

Nel contesto di un’alimentazione bilanciata si consiglia di introdurre una fonte di carboidrati complessi, preferibilmente integrali, ad ogni pasto.

 

Gli zuccheri semplici, invece, sono contenuti nella frutta, nello zucchero da tavola, nel miele, in tutti quei prodotti che li utilizzano come ingredienti: dolci, merendine, biscotti, cereali da colazione, marmellate, succhi di frutta e bevande.

Vanno introdotti nella misura di un 10-15% dell’apporto energetico totale, sotto forma preferibilmente di frutta: 2 massimo 3 porzioni di frutta al giorno apportano zuccheri, ma anche fibra, sali minerali e vitamine.

 

 

Allora dov’è il problema?

Molte critiche sulla riduzione degli zuccheri partono dal fatto che lo zucchero è il nutrimento primario per muscoli e cervello…ed è verissimo.

Il problema sta nella quantità!

Con l’assunzione giornaliera una porzione di cereali ad ogni pasto più 2-3 frutti il corpo è in grado di ottenere tutti gli zuccheri che gli servono per mantenere il cervello, mettere riserve nei muscoli e garantire il corretto funzionamento di tutti gli altri organi.

Lo zucchero aggiunto alle bevande, ai dolci e alle le merendine costituisce un eccesso rispetto al fabbisogno giornaliero e un maggiore carico di lavoro per l’organismo.

 

Ogni volta che mangiamo zucchero nel corpo si innesca una complessa macchina di reazioni che prevedono l’aumento della glicemia e la produzione di insulina.

Se con un’alimentazione bilanciata questo lavoro è normale, con un eccesso costante di zuccheri i nostri organi devono fare gli straordinari e alla lunga si viene a creare uno stato di infiammazione generale che porta in primis ad aumentare di peso, poi a sviluppare patologie come diabete e malattie cardiovascolari e infine a compromettere la funzione di reni, organi riproduttivi, articolazioni, denti e pelle.

Potendo fare un paragone diciamo che un corpo che ha dovuto assimilare troppi zuccheri si trova nella condizione di ciascuno di noi prima delle vacanze: distrutto dal lavoro!

 

Ovviamente non è il gesto saltuario a creare il problema – perché nessuno ha mai parlato di rinunciare al dolce – ma sono sempre le abitudini costanti a farlo!

 

Allora riduciamolo! Semplice….ma non semplicissimo!

 

Visto quanto detto si potrebbe iniziare a togliere il superfluo, magari togliendo il famoso zucchero dal caffè, oppure evitando di mangiare il dolce tutti i giorni! E questo sarebbe già un primo grande passo, se non che lo zucchero si nasconde praticamente ovunque, non solo nei “dolci” per definizione.

Se andiamo al supermercato e proviamo a leggere le etichette di sicuro potremmo restare sorpresi dei prodotti in cui possiamo provarlo. Questo perché lo zucchero è usato:

  • come conservante, soprattutto nei prodotti in scatola e nei salumi
  • per aumentare la croccantezza e la friabilità dei prodotti da forno e delle impanature
  • per bilanciare l’acidità ad esempio nei sughi pronti o nelle salse
  • per addensare le preparazioni
  • come colorante (es: caramello)

 

Ci sono oltre 60 nomi diversi per indicare lo zucchero: saccarosio, glucosio, fruttosio, destrosio, sciroppo di glucosio, sciroppo di mais, sciroppo di riso, zucchero d’uva, caramello, melassa, succo di frutta concentrato, malto d’orzo…

 

È una specie di caccia al tesoro! Quando inizi a cercarlo poi lo troverai ovunque…ma è davvero così!

 

A questo punto non ci stupirà sapere che in Italia si stima che ogni persona consumi in media 27 Kg di zucchero all’anno: un’enormità! Ma forse non è così difficile totalizzare questa cifra!

 

Il meccanismo!

Sappiamo che cosa comporta consumarne quantità eccessive, eppure al dolce non sappiamo resistere…vi siete mai chiesti il perché?

Le neuroscienze ci vengono in aiuto spiegandoci che il cibo è paragonabile ad una “ricompensa naturale”: mangiare deve essere un’attività piacevole, in modo tale che il cervello ripeta questo comportamento “naturalmente”. Il merito è dei neurotrasmettitori del benessere, in particolare la dopamina, che vengono attivati dal cervello in seguito ad ogni boccone gustoso.

Ecco perché se mangiamo un cibo che ci piace, siamo portati a ricercarlo spesso per ricreare la condizione di benessere.

Peccato che questo meccanismo “di ricompensa” possa indurre una sorta di dipendenza!

Ci sono cibi più appaganti di altri e lo zucchero e i dolci in generale ne fanno parte: sono buoni, generano soddisfazione e appagamento (grazie alla dopamina) e quindi continuiamo a ricercarli.

Le grandi aziende alimentari hanno cavalcato l’onda di questo nostro meccanismo studiando esattamente la dose di zucchero da inserire nei prodotti per ottenere il “bliss point” ovvero la massima risposta sensoriale di piacere data da un alimento.

Chi sperimenta il piacere, “ritorna”. È il meccanismo della fidelizzazione!

Inversione di marcia: ridurre gli zuccheri nella dieta quotidiana

Modificare un’abitudine non è mai semplice: richiede tempo, costanza, volontà e fatica, ma l’importante è iniziare, magari da piccoli gesti quotidiani.

  • Proviamo a togliere lo zucchero che aggiungiamo al caffè, al tè e alle tisane, sostituendolo eventualmente con un goccio di latte o con un dolcificante naturale tipo la stevia.
  • Al posto delle bibite zuccherate e gassate proviamo a mettere in infusione della frutta nell’acqua: rilascerà lo zucchero naturalmente presente al suo interno dandoci una bevanda piacevolmente aromatizzata
  • Al succo di frutta preferiamo un frutto fresco: contiene vitamine, Sali minerali e soprattutto tante fibre.
  • Sostituiamo i cereali raffinati con analoghi integrali: contengono comunque zuccheri complessi, ma la presenza di fibre ne rallenta l’assorbimento e il carico id lavoro per il nostro organismo
  • Leggiamo le etichette e cerchiamo all’interno della stessa categoria di prodotti quello che ha meno zuccheri

 

Importante: non c’è nessun problema di tanto in tanto a concedersi una dolce parentesi e a farlo in maniera rilassata, perché il cibo è anche emozione e relazione e tale deve restare.

 

Forse Paracelso aveva ragione!

Emanuel Mian & Emanuela Russo
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Igiene degli Alimenti e Nutrizione Umana – Carla Roggi, Giovanna Turconi – EMSI Editore

Evidence for sugar addiction: Behavioral and neurochemical effects of intermittent, excessive sugar intake

Nicole M. Avena, Pedro Rada, and Bartley G. Hoebel* Neurosci Biobehav Rev. 2008; 32(1): 20–39.

Published online 2007 May 18. doi: 10.1016/j.neubiorev.2007.04.019

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